Ad immediato ridosso della sentenza della Corte di Giustizia nel noto caso “UniCredit Bank Austria AG” (pubblicato sul Foro Italiano, n. 3/2023, con commento di Nicola De Luca e Lorenzo Delcuratolo), segnaliamo l’uscita sul n.4/2023, con nota di richiami del nostro Lorenzo Delcuratolo, di due provvedimenti del Tribunali di Torino e di quello di Castrovillari, che con un serrato “botta e risposta” a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro, affrontano la dibattuta questione sulla rimborsabilità dei costi “recurring” e “up-front” nei contratti di credito al consumo, giungendo a conclusioni opposte.
I due giudizi affrontano la medesima questione: i consumatori estinguevano anticipatamente dei contratti di finanziamento rimborsabili mediante cessione del quinto dello stipendio/pensione. Essi, pertanto, avrebbero avuto diritto ad una riduzione del costo totale del credito, secondo il criterio pro rata temporis, alla luce delle disposizioni della direttiva 2008/48/CE, come interpretata dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea nella causa “Lexitor”, e dell’art. 125-sexies T.U.B. (norma italiana attuativa della direttiva europea). Le banche, tuttavia, negavano il diritto al rimborso della quota parte dei costi definiti dalla prassi “up-front”, poiché irripetibili in quanto remunerativi di un’attività già compiuta al momento dell’estinzione anticipata. Tale diniego veniva rivolto ai consumatori che avevano stipulato contratti di finanziamento antecedentemente all’entrata in vigore del d.l. 25 maggio 2021, n. 73 (c.d. “Decreto Sostegni-bis”). Ciò in quanto la riforma aveva circoscritto la portata applicativa del nuovo art. 125-sexies T.U.B. (recettivo dei princìpi espressi dalla sentenza Lexitor) ai contratti sottoscritti dopo maggio 2021, mentre per i precedenti continuava ad applicarsi la vecchia disciplina, in contrasto con i princìpi espressi dalla normativa europea.
I consumatori, quindi, avviavano i giudizi per veder riconosciute le proprie ragioni e i Giudici di prime cure si pronunciavano a loro favore. Le banche, tuttavia, interponevano appello. Nelle more dei giudizi di secondo grado intervenivano due sentenze: la prima, quella della Corte costituzionale, dichiarava l’illegittimità dell’art. 11-octies, comma 2, del Decreto Sostegni-bis, nella parte in cui disponeva, per i contratti di finanziamento sottoscritti prima dell’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge, l’applicazione della normativa secondaria delle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia; la seconda, quella della Corte di Giustizia nel caso “UniCredit Bank Austria AG” che prima facie sembrava superare i princìpi sanciti dal precedente rappresentato dal caso “Lexitor”. Ed è in questo contesto che si apre il confronto tra le due pronunce di merito.
Con la prima pronuncia (pubblicata il 10 marzo 2023), il Tribunale di Castrovillari accoglieva l’appello promosso dalla banca e motivava la propria decisione sulla scorta della recente pronuncia della CGUE nel caso “UniCredit Bank Austria AG”. Nel testo della sentenza del Tribunale di Castrovillari si legge che, nonostante la decisione della CGUE avesse ad oggetto l’interpretazione della direttiva 2014/17/UE (in materia di credito ai consumatori con riguardo a beni immobili residenziali), data la formulazione «quasi identica» dell’art. 25, par. 1 della suddetta direttiva e dell’art. 16, par. 1 della direttiva 2008/48/CE, di fatto sarebbe stata esclusa dalla CGUE qualsivoglia possibilità di invocare un trattamento differenziato per le due tipologie di credito. Per tale ragione, i consumatori, anche nel ramo del credito al consumo, avrebbero avuto diritto al rimborso dei soli costi “recurring” e non anche di quelli “up-front”.
Ebbene, come è già stato osservato, la sentenza UniCredit Bank non compie un overruling dei princìpi espressi dalla Lexitor; invero, il giudice europeo opera un distinguishing tra due fattispecie simili, ma non identiche e al netto di alcune imprecisioni linguistiche, la sentenza è comunque attenta nel rilevare che i contratti di credito al consumo presentano «notevoli differenze rispetto ai contratti di credito garantiti da un’ipoteca o relativi ai beni immobili», mettendo in luce il rapporto di genere a specie che esiste tra la più ampia categoria del credito al consumo e quella specifica del credito immobiliare, che presenta caratteristiche, oneri e costi diversi. E se nel credito immobiliare esistono dei costi o, per meglio dire, spese effettivamente indipendenti dalla durata del credito e che quindi non possono che gravare sul consumatore in caso di estinzione anticipata, tale tipologia di spese è del tutto assente nel credito al consumo.
Di ciò è perfettamente consapevole il Tribunale di Torino, in persona del medesimo giudice che sollevò la questione di legittimità alla Consulta. A distanza di dieci giorni dalla sentenza del Tribunale di Castrovillari (20 marzo 2023), il giudice torinese, dopo aver correttamente ricostruito l’evoluzione normativa e giurisprudenziale che ha interessato la disciplina del credito al consumo fino alla sentenza UniCredit Bank Austria AG, conclude affermando che «la divisione dei costi in due categorie, ripetibili e irripetibili, oltre a essere scarsamente compatibile con il paradigma della riduzione, costituito dal “costo totale del credito”, rappresenta anche una minaccia all’effettività del diritto all’estinzione anticipata del contratto, concesso dalla dir. 2008/48 al consumatore in modo sostanzialmente incondizionato (“in ogni momento”), senza che tale pericolo possa essere arginato dalla pura e semplice trasparenza contrattuale o dall’eventuale reazione contro una non corretta presentazione dei costi». Il Tribunale di Torino, quindi, conclude affermando che il diritto alla riduzione del costo totale del credito compete come «effetto legale del contratto di credito al consumatore nei confronti del finanziatore, quale parte del contratto, e comporta la deduzione dell’ammontare degli “interessi e costi dovuti per vita residua del contratto” dal debito residuo da rimborsare per l’estinzione anticipata». Dal confronto tra le due sentenze, quella del Tribunale di Castrovillari risulta priva di forza, avendo cercato di sostenere un’argomentazione favor creditoris basata, tuttavia, sull’errata interpretazione di quanto statuito dalla Corte di Giustizia. La sentenza UniCredit Bank, che in un primo momento sembrava essere l’elefante entrato nella stanza, si è rivelata invece essere l’ombra di se stessa, e il Tribunale di Castrovillari non ha attentamente valutato il significato intrinseco della decisione della CGUE. Riflessione che, al contrario, traspare dalla pronuncia del Tribunale di Torino, che soppesa con maggior cura le chiare parole del Giudice europeo.
